Archivio Tag: Pastorale Vocazionale

In ognuno di noi c’è sempre quella voglia nascosta di lasciarsi sorprendere dalla vita, da quel Cammino che è stato sognato su misura per noi dal Signore che, a volte, ci scombussola i piani.
Così è successo a me quando ho deciso di accettare la proposta di partecipare al Campo Vocazionale (dal 28 agosto al 2 settembre), un’esperienza che non avevo previsto ma che mi ha arricchito di tanti incontri inaspettati, di testimonianze che hanno aperto in me domande, curiosità e momenti di riflessione.
Abbiamo vissuto con le ragazze e i ragazzi giornate molto intense in cui abbiamo incontrato e ascoltato testimoni della fede nella poliedricità delle vocazioni. Mi ha colpito quanto emergeva in tutte le storie, come ogni strada fosse sempre illuminata dal rapporto di amicizia con Gesù.

Nell’incontro con le suore Carmelitane Scalze di Bologna, nel quale abbiamo conosciuto suor Veronica e suor Teresa Benedetta, le monache di clausura hanno interagito con noi restando dietro la ‘grata’ e comunicandoci tutta la loro gioia di dedicarsi a Gesù e di custodire la loro vita in quella casa. Questa ‘grata’ quindi è per loro segno di custodia della preghiera e non di distacco dal mondo, come rispecchiava la loro viva testimonianza.
Mentre parlavano della loro vita e della loro vocazione, ho notato quanto fossero piene di gioia, sempre con un volto lieto e questo mi ha fatto riflettere. Per suor Veronica, ad esempio, la vocazione non è stata chiara fin da subito, ma frutto di anni di lotta interiore prima di pronunciare il suo “Sì”. L’altra cosa sorprendente che ho scoperto è che la vita in clausura non è distante e limitante come si potrebbe immaginare bensì un luogo dove nella preghiera si possono raggiungere tutte le persone nel mondo, come ci ha testimoniato suor Teresa Benedetta. La vera libertà non sta nel poter fare tutto ciò che si vuole, ma nel liberare il cuore da ciò che lo blocca per potersi donare a un amore più grande.

Un altro momento per me significativo è stata la giornata trascorsa all’Opera Padre Marella, sacerdote originario della diocesi di Chioggia, insegnante presso il nostro seminario vescovile e poi emigrato a Bologna. L’Opera si occupa di accogliere le persone più fragili, offrendo supporto nella povertà e costruendo una prospettiva di rinascita, lavorando sulle potenzialità di ciascuno, favorendo l’indipendenza. Forse ho prestato più attenzione alla figura di Padre Marella e ai collaboratori dell’Opera perché era il centro tematico del campo vocazionale e, nonostante provenisse dalle nostre zone, non ne avevo mai sentito parlare. In particolare, di lui mi ha colpito la semplicità con cui viveva, la sua carità incondizionata verso i ragazzi, i giovani e i bisognosi, la sua obbedienza alla Chiesa e la sua umiltà, anche nell’accettare la sospensione a divinis.
L’esempio di Padre Marella e l’impronta che lui stesso ha lasciato a chi oggi lavora all’Opera, seguendo lo spirito “Caritas Christi urget nos”, mi fa pensare a una frase che spesso è stata ripetuta durante il campo e che può essere di grande ispirazione: “Gesù è vivo e continua ad attirare le persone”.

Ci sarebbero ancora tante cose da raccontare di questo campo: tante emozioni e tante sensazioni, che possiamo riassumere nel versetto “Cristo ci ha liberati per la libertà” (Gal 5,1), frase che è stata il filo conduttore del campo. All’inizio questa frase mi sembrava quasi incomprensibile ma dopo questa esperienza, ha acquisito un nuovo significato nella mia vita. Forse la chiave sta proprio nella libertà di lasciarsi amare da Gesù.

 

Anna Gobbo
Giovane del Gruppo Vocazionale “Il Cedro”

Una luce ha avvolto il Campo Vocazionale che si è tenuto a Bologna nell’ultima settimana di agosto con ventitré tra ragazze e ragazzi dei Gruppi Vocazionali “Il Mandorlo” e “Il Sicomoro” e una decina di giovani.

“Verrà a visitarci un sole che sorge dall’alto” è la frase che troviamo nel Benedictus e che abbiamo recitato al mattino con le lodi.
Il Sole che sorge ha cambiato la vita di suor Veronica, la prima testimone che abbiamo incontrato. Suor Veronica è una suora carmelitana scalza originaria di Sottomarina, che da dodici anni vive in monastero a Bologna. Ci ha raccontato la sua storia, soprattutto del momento del suo innamoramento di Cristo. Una decisione interiore presa proprio passeggiando sulla spiaggia di Sottomarina una mattina presto, al sorgere del sole. Un momento decisivo in cui ha sentito svanire ogni sua umana incertezza, sentendosi interiormente libera di seguire la sua vocazione al Carmelo.

Libertà: una parola che ha attraversato tutta la settimana, essendo il tema del campo: “Cristo ci ha liberati per la libertà” (Gal 5,1).
Una frase tanto cara al Beato Olinto Marella, figura che abbiamo incontrato il mercoledì, giornata centrale del campo. Visitando il museo multimediale, abbiamo conosciuto la sua storia di sacerdote attento ai più bisognosi, in particolare bambini orfani, prima a Pellestrina e poi a Bologna, dove ha fondato la Città dei Ragazzi: un’opera di accoglienza viva ancora oggi. Qui ci ha raggiunto il nostro Vescovo Giampaolo, che ha condiviso con noi la conoscenza del Beato. Inoltre, ha presieduto l’Eucaristia e incontrato personalmente le ragazze e i ragazzi in un dialogo in cui ognuno di loro ha potuto esprimere liberamente le proprie domande.

Il Vescovo ci ha invitato a essere liberi e a toglierci le maschere che troppo spesso tendiamo a indossare per apparire ciò che piace ‘agli altri’.
Maschere che sicuramente hanno tolto i giovani che abbiamo incontrato nella casa “La via di Emmaus”, dove questi hanno iniziato un cammino di discernimento vivendo in comunità e frequentando i loro luoghi di lavoro. A “La via di Emmaus” siamo stati accolti da don Ruggero, iniziatore di questo progetto iniziato alcuni anni fa partendo dalla richiesta di due ragazze.
Tra i giovani che ci hanno accolto c’è Ilaria. Lei aveva una vita “normale” con tutto ciò che le serviva: un posto fisso come insegnante, un fidanzato, eppure sentiva una certa infelicità. Così ha deciso di abbandonare le sue certezze, per mettersi in ascolto e in ricerca di qualcosa che la potesse rendere davvero felice. Il cammino in Casa Emmaus e il lavoro su sé stessa le hanno dato il coraggio di ripartire daccapo e oggi ha un nuovo lavoro e un nuovo fidanzato, ma soprattutto è felice, come abbiamo intuito dalle sue parole e dai suoi occhi pieni di luce. Siamo rimasti colpiti dal suo coraggio di come ha saputo lasciare tutto, forse anche con un sentimento di paura, ma con la certezza che il Signore cammina al suo fianco.

“Gesù vi guarda, vi conosce… e vi dice: non temete!” ripeteva papa Francesco nell’omelia della Messa conclusiva della Giornata Mondiale della Gioventù, e da questa esperienza lo abbiamo constatato. Ce lo hanno ricordato anche Anna (del Gruppo Vocazionale “Il Cedro”) e suor Angelica (delle Serve di Maria Addolorata di Chioggia) che durante l’adorazione eucaristica del venerdì mattina, hanno portato la loro testimonianza dell’esperienza vissuta a Lisbona, riprendendo alcune parole che le hanno accompagnate.

Anche altre esperienze hanno scandito il nostro programma: per esempio, la visita a Monte Sole, teatro dei rastrellamenti nazifascisti che hanno eliminato centinaia di civili. Tra questi emerge la testimonianza dei loro preti decisi a non lasciare la loro gente fino a condividerne la morte.
Qui, una camminata immersi nel silenzio di questi luoghi ci ha fatto raggiungere i due monasteri presenti sul Monte: uno di monaci e uno di monache dossettiani. Li abbiamo incontrati assieme a una coppia di sposi appartenenti alla loro comunità.

In questa settimana abbiamo anche vissuto la visita alla basilica di San Petronio con la spiegazione della piazza antistante; l’incontro con Suor Maria delle Paoline, originaria di Pellestrina; la visita alla chiesa del Corpus Domini, dove è custodito il corpo incorrotto di Santa Caterina de’ Vigri.
Le ragazze e i ragazzi hanno vissuto anche un tempo penitenziale.

Questa settimana insieme possiamo dire che è stata come una sosta: non solo abbiamo vissuto giornate intense di amicizia, ma abbiamo incontrato anche tante realtà che ci hanno spinto a porre delle domande su di noi e sulla nostra vita, come il sole che sorge e viene a illuminare il nostro volto improvvisamente facendoci brillare gli occhi di una luce nuova.

 

Federico Cerruti
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Il “viaggio dell’eroe” è un modello di struttura narrativa particolarmente diffuso. Un modello di avventura in tre atti, che racconta un viaggio straordinario dell’eroe-protagonista. Ma più che di un viaggio esteriore, disseminato di ostacoli, pericoli, creature misteriose, avversari, si tratta del racconto di un viaggio interiore, che scandisce le tappe di un cambiamento, di una radicale evoluzione dell’eroe fino a portarlo a una dimensione e a una consapevolezza del tutto nuove.
E questo modello sembra perfetto per raccontare anche l’esperienza del pellegrinaggio diocesano che si è svolto tra martedì 1 e mercoledì 9 agosto per partecipare, a Lisbona, alla trentasettesima Giornata Mondiale della Gioventù. Un viaggio-pellegrinaggio – anche questo – in tre atti, che sicuramente ha costretto i partecipanti a mettersi alla prova soprattutto dal punto di vista fisico, ma che si è rivelato, prima di ogni altra cosa, un cammino di evoluzione della propria fede, un percorso di scoperta (o di ri-scoperta) della propria relazione con Dio.

Il primo atto si è svolto a Tarragona. Certo, non si tratta, per definizione, del “mondo ordinario” dei protagonisti. Tuttavia, era quasi inevitabile che i partecipanti tenessero stretto a sé quel proprio “mondo”, il proprio gruppo di riferimento, le persone conosciute, le proprie sicurezze, i propri amici, fino a quel deciso “richiamo all’avventura” dato dal vescovo Giampaolo.
Che cosa cercate? Cosa vuoi che io faccia per te?
Da un lato, quindi, il racconto del Vangelo di Giovanni sull’incontro di Gesù con i primi discepoli. L’invito ad andare, a vedere, a fermarsi, riflettendo su che cosa si cerchi oggi per la propria vita. Dall’altro, il racconto meraviglioso dell’incontro tra Gesù e Bartimeo. E una domanda che sorprende, una domanda che ribalta il pensiero comune, non indugiando su ciò che ciascuno può o deve fare per Dio ma sull’assunzione di una dimensione di responsabilità per la propria vita: “L’acquisizione della vista, per Bartimeo, equivale a un cambiamento radicale di prospettiva, dovendo smettere di essere del tutto dipendente da altri“.

Il secondo atto corrisponde alla parte fondamentale della storia. Un rincorrersi di prove, di alleati, di sorprese, di “nemici”, il tutto orientato verso la “prova centrale”, quella prova che, una volta superata, conduce l’eroe a una vera trasformazione.
E Lisbona non può che essere stata tutto questo. Un meraviglioso poliedro di colori, di volti, di voci, di silenzi. Quel “mondo speciale” che, fin dall’arrivo alla vicina São João dos Montes, ha continuato a sussurrare una parola: “Alzati”. Il ritrovo di una Chiesa viva, esultante, straordinariamente varia, ma tutta orientata all’incontro. All’incontro con papa Francesco, all’incontro con il Signore. Un incontro che, in occasione dei momenti centrali della Via Crucis, della veglia di preghiera e della celebrazione eucaristica, ha saputo mettere duramente alla prova. Ma che ha saputo anche rassicurare, consolare, commuovere, aiutare, sostenere, sorreggere.
Camminare” – ha invitato papa Francesco – “e, se si cade, rialzarsi; camminare con una meta; allenarsi tutti i giorni nella vita. Nella vita, nulla è gratis, tutto si paga. Solo una cosa è gratis: l’amore di Gesù! Quindi, con questo gratis che abbiamo – l’amore di Gesù – e con la voglia di camminare, camminiamo nella speranza, guardiamo alle nostre radici e andiamo avanti, senza paura. Non abbiate paura.

Infine, il terzo atto. Il ritorno. Se pur non proprio un ritorno a casa, ma una nuova tappa: Barcellona. Un tempo che ha trovato il suo punto più alto nella condivisione di ciò che si è vissuto, nel rendere disponibile agli altri una piccola parte di quella trasformazione che ha segnato l’intero viaggio. Un viaggio, però, che continua – che deve continuare! – quasi come l’imperfetta perfezione di una basilica che sembra non poter mai trovare un compimento.
Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi…
Le esperienze” – dopotutto – “per poter diventare significative, devono essere rielaborate“. E non si può non confidare davvero che questo viaggio-pellegrinaggio venga vissuto e rivissuto ancora, diffondendo con coraggio il messaggio che “occorre correre il rischio di amare, [perché] Gesù ci accompagna sempre”.

 

Daniele Boscarato
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Anche per l’estate 2023, viene proposto un campo vocazionale per ragazze e ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni: “Un meraviglioso poliedro. Sulle orme di Padre Marella.

La proposta si terrà da lunedì 28 agosto a sabato 2 settembre 2023 nei pressi di Bologna, dove si ripercorreranno i luoghi in cui ha vissuto il Beato Olinto Marellaal quale, in occasione della sua beatificazione, è stato intitolato il Seminario Vescovile Diocesano – e altri santi e si incontreranno le testimonianze di persone che vivono la fede.

Sarà anche occasione per trascorrere una settimana di fraternità e per costruire o approfondire delle relazioni significative di amicizia.


Per iscrizioni, richieste di informazioni e di chiarimenti: Don Giovanni +39 349 291 4796

“Un meraviglioso poliedro”

La giornata mondiale delle vocazioni non mette a tema solo le vocazioni al presbiterato o alla vita consacrata, anche se queste particolari chiamate ci stanno tanto a cuore. La Chiesa in questa giornata invita tutti i cristiani a rileggere la loro vita come risposta a una chiamata del Signore. Preti, consacrati e consacrate, sposi e missionari, battezzati impegnati nella vita pubblica. Quest’anno papa Francesco nel … Continua a leggere “Un meraviglioso poliedro” »

Gli astronomi dicono che l’universo è in espansione, eppure la cosa strana è che non ne percepiamo l’evoluzione, almeno non nell’immediato. Come un fiore che sboccia, così è lo spazio dell’universo che si allarga. È difficile anche immaginarlo questo universo senza ‘infinito’ e in allargamento.

Anche la vita di ciascun uomo e ciascuna donna nello stato iniziale è percepibile a pochi: dapprima solo alla madre, poi al padre, ai famigliari, agli amici, fino a diventarne un segno visibile a tutti. In seguito al concepimento, sarà la nuova vita, nello scorrere del tempo, ad allargare il raggio delle proprie importanti relazioni che arricchiscono l’esistenza e la rendono un valore per molti. Oggi poi, parlare di relazioni implica anche uno sguardo su quella realtà del mondo virtuale che tanto reale risulta ai più giovani che costruiscono veri e propri intrecci relazionali che non hanno confini geografici e che si allargano a continue possibilità.

Insomma, l’universo è in espansione, la vita è un arricchirsi di relazioni, cosa può dare in più la dimensione della propria vocazione? Questa sembra non aggiungere nulla a tutto il mondo di relazioni, di affetti, che già abbiamo. Invece, la scopriamo come un venire alla luce, come un’espansione di qualcosa che ci abita fin dall’origine della nostra esistenza, come una vera espansione, non fuori di noi, ma primariamente dentro il nostro cuore, dentro la vita che ci abita, dentro al nostro essere, in quella vita ‘interiore’, quella abitata dallo Spirito che ci è dato in dono nel Battesimo, in quella dimensione che si chiama coscienza, desiderio, volontà, spirito, vita. L’esistenza viene delineata dalla vocazione, ossia sente che è chiamata a una gioia più grande e duratura, sente che qualcosa la sta dirigendo, svegliando, spingendo, verso nuovi orizzonti, che si scoprono più luminosi per la propria storia, inaspettatamente più profondi all’animo nostro perché hanno la misura della gratuità, della carità, dell’amore, la misura di quell’espansione umana e divina avvenuta nella risurrezione di Cristo e donata a tutti coloro che credono in Lui.

Ogni uomo e ogni donna che s’incammina lungo la strada della propria vocazione comincia a espandersi nelle virtù cristiane che rendono le dimensioni umane più belle e più utili al mondo. Ogni uomo e ogni donna, se innestati in questo punto di esplosione, che a volte avviene in un percorso semplice e lineare, altre può avvenire grazie a un incontro particolare che piano a piano fa crescere in cuore una passione per il vangelo e per gli uomini, non può che fare della propria vita un dono continuo, come ci testimoniano i santi. La vocazione è la perla preziosa, è accogliere la possibilità che la vita si svolga, si declini, si consumi, in mille risvolti, ma sempre per Gesù. La vocazione è l’esplosione dell’amore che il risorto ha donato alle nostre povere esistenze e che ciascuno sente di dover riversare a Lui attraverso l’amato o l’amata della vita, oppure in una totale dedizione a Dio e ai fratelli nella verginità. Se la vita ci è data per vivere da figli di Dio, la vocazione ci spinge a rinvigorire, quotidianamente e nella modalità pensata per noi, quella fede che Cristo ci ha donato e che ci spinge a testimoniare agli altri il suo regno.

“Un meraviglioso poliedro” è il tema della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni ed è proprio questo che avviene quando ci guardiamo tutti e ci scopriamo missionari di quell’unica esplosione che lo Spirito Santo continua a far ardere nei nostri cuori. Avviene un vero riflesso della sua luce, un bell’intreccio di colori e forme che espandono quell’unica Luce che nella storia ne riflette le sfumature di salvezza.

Vorremmo che questo raggio di luce fosse accolto da tutti, vorremmo fossero tanti i giovani e le giovani a sentire esplodere in cuore il fuoco divino, a custodire quel ‘roveto ardente’ che è dato in dono. Anche le braci smorte riprenderebbero a divampare fortemente.

È bello scoprire la vocazione come il manifestarsi in noi di una “espansione” della vita, come una “esplosione” che ci mette in relazione profonda con chi ci sta accanto, una relazione originale che rispetta la storia di ciascuno e ne diviene trama dentro la quale Dio pian piano si rivela e conduce a conoscerlo e ad accoglierlo nella sua singolare amicizia. È bello anche rendersi conto che la propria storia è intrecciata da altre storie, vite esplose – più o meno – altrettanto belle e uniche. Ogni vocazione, poi, esiste dentro un fiume di esistenze piene di senso e verità che hanno permesso che tutto ciò accada. Questo fiume è l’insieme di battezzati che vivono, come possono, la loro esistenza come vocazione, come chiamata, come scoperta di ciò che rende la vita più bella e più vera e cercano di comunicarlo agli altri con dono gratuito.

I Battezzati sono questo fiume dove si perpetua l’alleanza d’amore tra Cristo e la Sposa, quindi con ogni uomo e ogni donna che ne costituisce il Corpo Mistico. La secolare tradizione della Chiesa, poi, suggerisce anche vie vocazionali chiare, seppur sempre reinterpretate lungo i secoli e rinvigorite dalla fantasia dallo Spirito che tutto rinnova.

Mi riferisco alle vocazioni alla vita sponsale, alla consacrazione o al ministero ordinato. Sono strade che manifestano la possibilità di un compimento della vita dentro una via di senso riconosciuto e scoperto vero e prezioso per sé e per gli altri. Diventano possibilità di vivere la vita donandosi sempre e comunque dentro tutti i meandri della propria storia e di quella del mondo. Ciascuna di queste sono l’una per l’altra fonte di arricchimento, sfumature di quella verità che Dio in Gesù ci ha rivelato: il suo amore per tutti gli uomini. Per te e per me. Dio, come una madre e un padre, continuamente ha cura di noi e non ci abbandona, anzi, ci arricchisce di molteplici segni del suo amore suscitando continuamente chiamati a vivere di Lui e a testimoniarne la sua presenza in questo mondo e la sua sete di noi tutti finché giungiamo nel seno del Padre dove circola, ha origine e si espande il suo regno d’amore.

Tutte le vocazioni vivono tra loro una feconda circolarità divenendo ciascuna riflesso per le altre di quel dono d’amore che Dio ha donato alla sua Chiesa. È passato il tempo in cui si concepivano alcune vocazioni come ‘superiori’ rispetto alle altre (perché più vicine a Dio). Oggi comprendiamo che si può crescere reciprocamente e questo rende bella l’esistenza particolare di ciascuno.

La vocazione oltre a esser un’espansione interiore dell’uomo che risponde a una chiamata di Dio, è anche un’esplosione che non avrà fine, sia personalmente che storicamente, perché continuerà a manifestarsi lungo la storia dell’universo quell’unico “amore che move il sole e l’altre stelle” e tutto espande.

 

Don Giovanni Vianello
Direttore dell’Ufficio Diocesano Vocazioni

La Preghiera Vocazionale è un appuntamento vicariale mensile nato con l’intento di “tenere accesa la fiamma della preghiera per tutte le vocazioni”. E, per il Vicariato di Chioggia, si svolge nella chiesa del Seminario Vescovile, curata dal Centro Diocesano Vocazioni ogni primo giovedì del mese.

La preghiera si suddivide principalmente in tre momenti: la lettura della Parola, la riflessione di un sacerdote (preziose, per quest’anno, sono state le riflessioni di don Giuseppe Cremonese) e l’adorazione eucaristica: l’adorazione è un momento privilegiato per stare a “tu per tu” con Gesù Eucaristia, aiutati anche dall’ascolto di brani musicali, alcune letture spirituali e canti.

La Preghiera Vocazionale ha, poi, il suo “appuntamento culmine” nella Veglia Diocesana di Preghiera per le tutte le Vocazioni, che, per l’Anno Pastorale 2022-23, si è svolta nella serata di giovedì 27 aprile 2023 presso la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio di Padova di Rosolina (RO) ed è stata presieduta dal Vescovo Giampaolo Dianin.

Da un punto di vista personale, la Preghiera, per me, diventa davvero un momento in cui il tempo sembra fermarsi: mi aiuta a mettermi davanti al Signore per stare “solo” con Lui.
Spesso siamo travolti da molti impegni, dalla frenesia delle giornate ed è facile che anche la preghiera personale si trasformi in una tra le tante “cose da fare”, con il rischio che diventi semplicemente un’abitudine; invece, avere un luogo, anche fisico, aiuta a vivere un dialogo con Gesù più consapevole e
a guardare la propria fragilità sapendo che c’è Qualcuno che ti guarda e che ti sostiene anche quando la speranza può venire meno, una speranza che preghiamo possa essere per tutti i chiamati.

Dopo cinque anni di questo percorso, si è assistito a un numero crescente di presenze: un barlume che incoraggia ad andare avanti nella consapevolezza che ogni vocazione sboccia come dono di Grazia e, oggi più che mai, se ne sente il bisogno.

 

Giulia Alfiero
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Compensato, viti, tempere, pennelli, manichini, reti, una prua di una barca (vera!) e una stanza del seminario. Ebbene sì: anche se può sembrare strano, si può trovare tutto allestito in una stanza al piano terra del Seminario Vescovile della Diocesi di Chioggia.

La scena, che ritrae la narrazione della chiamata dei primi apostoli (Mt 4, 18-22), è ambientata ai tempi di Gesù: fa da sfondo, sulle pareti montate per l’occasione, il lago di Tiberiade, disegnato dalle mani preziose di Mariangela Rossi.
Chi entra si immerge nella scena quasi a diventare un pescatore tra i pescatori assieme agli apostoli Simone e Andrea e a Gesù. I personaggi vestiti con abiti dei giorni nostri, invece, aiutano a immedesimarsi nel racconto evangelico: l’intento è quello di comunicare che Gesù continua sempre a chiamare ognuno di noi e propone “Venite dietro a me”.
La scena può diventare anche la rappresentazione dell’episodio del ritorno di Gesù dopo la risurrezione sulla riva del mare di Tiberiade (cfr. Gv 21, 1-19), quando Egli si fa riconoscere come il Vivente ripetendo con gli apostoli il miracolo della pesca miracolosa e condividendo il pane e il pesce.

La realizzazione della stanza – accessibile a partire dal mese di maggio 2023 – è stata progettata principalmente come occasione per le giornate di ritiro rivolte alle bambine e ai bambini del catechismo e ai gruppi di giovani in cammino.
La stessa è stata curata dall’équipe del Centro Diocesano Vocazioni, con anche l’aiuto delle ragazze e dei ragazzi dei gruppi vocazionali. Il lavoro è stato impegnativo, oltre che lungo, ma fin da subito, in realtà, sì è rivelato essere una bella opportunità per condividere momenti insieme e un modo concreto per addentrarci in queste scene del Vangelo.

 

Federico Cerruti
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Se rifletto sulla mia vita, mi hanno sempre accompagnato le domande. Le ho portate sempre con me e hanno fatto breccia dentro, mi hanno spinta in avanti. Ho iniziato a capire che ero chiamata a donarmi a qualcosa e a qualcuno. Ho sempre pensato che il bello stesse proprio nel tempo donato agli altri, senza parsimonia. E che i sì che si danno a Dio muovano i primi passi nei «sì feriali» piccoli e anche, all’apparenza, frammentati.

Nella logica di Dio tutto si ricompone con la giusta misura. Durante l’università, il rettore del Seminario Vescovile di Chioggia mi chiede di far parte dell’équipe della Pastorale Vocazionale. L’ennesima sorpresa. Lo stupore di essere stata vista da chi non mi conosceva e di essere stata scelta per un impegno così grande, profondo e di minuzia. Ero certa che mi avrebbe regalato tanto, un tanto nuovo che riscoprivo in ogni mia mansione parrocchiale e non, ma non immaginavo che potesse aprirmi il cuore.

I ragazzi che ho incontrato mi hanno insegnato il calore della fede autentica, dello spogliarsi davanti a Cristo. Ed è proprio in tutti gli occhi che ho incontrato che ho sentito il mio animo irrobustirsi e i miei passi farsi più certi verso un’altra chiamata: quella all’amore sponsale. Anni di cammino insieme, di Raffaele e miei, che ci hanno portati a maturare, in modo consapevole, il desiderio profondo di voler dedicare la vita l’uno all’altra. Mi piace pensare che sia stato Dio a farci incontrare e ad averci dato una bussola sempre puntata verso la Stella Polare. Consapevoli che la verità della nostra vita non consiste nel vivere per noi stessi ma per gli altri; chiamati a dare amore. La vocazione alla vita matrimoniale la immagino come un intreccio, come quello che avviene tra la vite e il tralcio.

 

Irene Veronese
Membro del Centro Diocesano Vocazioni

Sono passati ormai più di quattro anni da quando noi ragazzi più grandi del gruppo “Il Sicomoro” abbiamo cominciato questo percorso vocazionale, accompagnati da don Giovanni e dalla sua équipe. Insieme abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo molte esperienze: momenti di preghiera, di ascolto, di condivisione e di riflessione personale, di svago, e anche fraternità, uscite e campi scuola.

Il Sicomoro per noi è come un pellegrinaggio che ci sta aiutando a capire i desideri che Dio ha per noi. Come in ogni pellegrinaggio, ci sono donati dei compagni di strada con cui condividere il cammino; non c’è una ricetta definita ma un’amicizia, un cammino e molti desideri che con amici ed educatori condividiamo insieme per scoprirne il senso.
Durante questo nostro pellegrinaggio, molte sono le persone che Dio ci ha messo e continua a metterci davanti per aiutarci a capire quale sia la vocazione di ognuno di noi. Dio, infatti, comunica con noi attraverso i nostri amici per poterci consigliare quale sia la strada verso un bene e una felicità infinita.

Anche noi durante i nostri incontri con il gruppo ci prepariamo a dire quel “Sì” a Dio, fidandoci di Lui e sapendo con certezza che Egli vuole esclusivamente la nostra felicità. E ci impegniamo a tenere stretto questo legame che si è creato attorno a questo gruppo, affinché possiamo vivere uniti secondo la parola del Signore.

 

Jacopo Delvecchio