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Di ritorno dall’esperienza missionaria in Burundi, ho fatto posto in valigia anche per una stoffa ricamata a mano da alcune donne del posto che ci è stata regalata da Suor M. Celeste, superiora della comunità “Mater Misericordiae”, e dalle sue consorelle. Oltre alla bellezza dei ricami, mi ha colpito molto la scritta che occupa la posizione centrale nel rettangolo di stoffa: “Maison shalom”, casa di pace. E tra me e me mi sono subito detto che proprio questa poteva essere una efficace espressione di sintesi dell’esperienza che abbiamo vissuto a Bwoga Chioggia e, in particolare, dell’accoglienza che ci hanno riservato non solo le suore ma, più in generale, chiunque abbiamo incontrato durante i giorni della nostra permanenza in quella che mi sento di poter definire la terra benedetta del Burundi.
Ho respirato ovunque un profondo senso di pace e gioia vera proprio perché mi sono sempre sentito accolto, ospitato e, a dirla tutta, anche coccolato. Certo in Africa – e in Burundi, in particolare – non manca la povertà di tanti tipi, in primis quella materiale, ma di sicuro non si può dire che il popolo burundese non sia “ricco” nel vivere le relazioni appieno, anche con il diverso, anche con chi viene da lontano, anche con i muzungu – gli uomini bianchi.
La stessa “ricchezza” portatrice di pace l’ho trovata anche nei più piccoli, con i loro occhi pieni di gioia e di tanta voglia di vivere la vita bella che tutti loro meritano. Proprio con i bambini ho vissuto l’esperienza che mi ha provocato di più: partendo per il Burundi, infatti, ho dovuto lasciare l’animazione estiva della mia parrocchia di servizio ma, per quella che potrei definire una Dio-incidenza (una coincidenza voluta da Dio), mi sono ritrovato a vivere la stessa esperienza nel cortile della missione sulla collina di Bwoga. Qui, però, ho da subito notato come quei piccoli dagli occhi che ti incantano sapessero godere appieno anche del poco che gli veniva offerto quando noi, nelle nostre realtà, non sappiamo più cosa inventarci per attrarre e coinvolgere bambini, ragazzi e giovani. Allora mi chiedo: sono loro i poveri o siamo noi che stiamo vivendo in una povertà che ci toglie la pace e della quale fatichiamo ad accorgerci?
Lascio aperta per voi lettori, ma anche e soprattutto per me, questa provocazione che mi sono
portato a casa dalla terra del Burundi, quella terra benedetta che è casa di pace.

 

Daniele Mozzato
Seminarista

Dal 18 luglio al 3 agosto 2024, un gruppo della Diocesi di Chioggia ha vissuto un’esperienza missionaria presso la comunità “Mater Misericordiae” delle Serve di Maria Addolorata di Chioggia a Bwoga, in Burundi.
Il gruppo, formato da due sacerdoti, una religiosa, due seminaristi, due mamme e cinque giovani, si è preparato a questo momento con alcuni momenti formativi proposti nei mesi precedenti alla partenza e, nella celebrazione dell’11 giugno, solennità dei Santi Patroni, ha ricevuto la Croce e l’invio missionario da parte dal Vescovo di Chioggia, Mons. Giampaolo Dianin.

Al ritorno da questa esperienza, vogliamo condividere un breve racconto di quanto vissuto e alcune domande che sono sorte in noi e che rimangono come un pungolo per farci progredire nella riflessione del nostro essere cristiani.

Eccoci al viaggio
Oltre ventiquattro ore tra voli e attese negli aeroporti. Il vantaggio di essere in gruppo è stato sicuramente quello di poter condividere la fatica, le incertezze e i desideri che portavamo nel cuore.
Arrivati a Bujumbura (centro commerciale del Burundi), ad attenderci, in aeroporto, suor Celeste e suor Annonciate, che sono venute a prenderci per accompagnarci alla missione di Bwoga-Chioggia.
Saliti sui pulmini, abbiamo raggiunto la casa della comunità nella tarda serata. Lì le altre suore (burundesi e messicane) e le giovani in formazione ci hanno accolto con danze burundesi e con un rito di accoglienza messicano.
Già ci siamo sentiti a casa…

Il primo sacerdote della parrocchia
Subito il giorno seguente al nostro arrivo abbiamo avuto la possibilità di partecipare alla prima Messa del primo sacerdote della collina di Bwoga-Chioggia: don Arcade Niymungere.
La celebrazione è stata un momento molto intenso, della durata di circa tre ore. Una grande festa, con canti polifonici e danze locali, tanto da non accorgerci del passare del tempo. Erano presenti tutti i fedeli della collina, in chiesa abbiamo stimato forse più di mille persone, per lo più giovani, ragazzi e famiglie.

Durante la nostra permanenza
Le Messe al mattino presto: 6:15 in comunità dalle suore oppure 6:30 alla domenica, in parrocchia (quella che più prevedeva la presenza di bambini e famiglie). Celebrazioni vissute sempre con molta partecipazione e intensità di preghiera, canti, gesti… gioia. Il convento delle suore è adiacente alla chiesa, e subito dopo la Messa domenicale, i bambini e un bel gruppo di adulti si ritrova per la formazione. Nella parrocchia la presenza delle suore, oltre che a offrire un dispensario (possiamo considerarlo come una nostra clinica o un pronto soccorso, dove trovare medico di base, dentista, ecc.), si fa formazione per bambini e ragazzi ed è presente una scuola dell’infanzia.
Durante la nostra permanenza, ci siamo inseriti nei tempi di preghiera e di lavoro delle suore e cercavamo di servire là dove ci veniva chiesto.
Abbiamo avuto l’occasione anche di passeggiare lungo la collina e nei villaggi della parrocchia dove l’accoglienza della popolazione è stata commovente.

Altro lavoro
Nei lunedì, mercoledì e venerdì durante la mattina, i bambini della collina venivano accolti nella casa per l’esperienza del centro estivo. Anche noi eravamo lì a interagire con loro, come riuscivamo, ma i piccoli parlano al cuore e quindi tutto diventa semplice.
Nei pomeriggi, invece, e negli altri giorni, il gruppo si dedicava ai lavori utili alla missione, come semina del prato, sistemazione del legno, montaggio sedie e altri lavori di rifinitura nella nuova scuola. Anche l’arrivo del container dall’Italia ci ha impegnati per un intero pomeriggio fino a notte inoltrata per lo scarico e la raccolta del materiale: possiamo testimoniare che tutto arriva a destinazione e che richiede un grande lavoro.

Abbiamo avuto, poi, alcuni momenti molto importanti come la visita al villaggio dei Pigmei; questa è un’etnia minoritaria del Burundi e, per quanto ci hanno raccontato, la più emarginata. Il capo villaggio ha detto che era dal 1994 che non ricevevano una visita.
La loro accoglienza è stata gioiosa ma soprattutto grata. Le donne dell’etnia fabbricano vasi di argilla che non vendono ma che, quasi esclusivamente, barattano con il cibo. Questa notizia è una delle cose che mi hanno fatto molto riflettere: lavorare per il pane quotidiano e non per un accumulo senza senso. Siamo partiti per la visita con la consapevolezza che non avremmo dovuto fare foto, ma mentre ci facevano vedere il loro lavoro, il capo villaggio ci ha chiesto di scattarne affinché altri possano sapere di loro e del loro lavoro. L’estraneo, l’emarginato, ha bisogno dello sguardo di qualcuno che possa fargli capire il valore che ha. Forse vale anche per noi…

Visita agli ammalati
Assieme alle suore abbiamo fatto visita ad alcuni malati per portare loro un po’ di cibo e anche la comunione eucaristica.

I giovani
Un altro momento importante vissuto durante la nostra permanenza è stato l’incontro con i giovani della parrocchia, durante il quale i giovani di Bwoga e quelli della Diocesi di Chioggia si sono raccontati della propria cultura attraverso canti, balli e scenette. Anche l’incontro con i giovani del forum diocesano ci ha colpito molto perché la loro accoglienza è stata quasi imbarazzante, con calore ed entusiasmo, coinvolgendoci in danze e canti.

In questa esperienza missionaria mancavano sicuramente alcune comodità alle quali si è abituati, ad esempio la connessione stabile alla rete Internet, l’uso continuo di acqua e corrente elettrica, ma alla fine nulla ci è mancato perché abbiamo scoperto la ricchezza dai rapporti personali, dagli incontri veri. Anche i momenti in cui ci siamo dati del tempo per l’ascolto tra di noi e con le sorelle che ci hanno ospitato, sono stati intensi e pieni di storie personali e ricchi di fede.

Un vivo grazie a tutti coloro che ci hanno accompagnato, sia con l’aiuto economico sia con la preghiera, perché abbiamo sempre sentito la vicinanza dei tanti che hanno pregato per noi.

 

Suor M. Ada Nelly Velazquez Escobar
Direttrice del Centro Missionario Diocesano

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Ingata

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“Signore, cosa mi vuoi dire attraverso questa esperienza?” La domanda che ci era stata posta dal Vescovo Giampaolo prima della partenza è una domanda che apre il cuore e la mente a ciò che si è vissuto. Una richiesta che, in questo caso, non può che implicare sé stessi nella propria interezza, nella propria complessa totalità. È una sensazione del tutto simile a quella del … Continua a leggere Ingata »

Per il giorno sabato 2 marzo 2024, presso il Seminario Vescovile Diocesano, a partire dalle ore 20:00, è stata programmata una cena come occasione di presentazione ufficiale di Esperienza Missionela proposta missionaria diocesana che prenderà avvio – con un percorso formativo di quattro incontri – nel corso del mese di febbraio 2024.

Si tratta di un’occasione che si propone, da un lato, di condividere il significato profondo dell’esperienza missionaria e, dall’altro, una raccolta fondi finalizzata all’autofinanziamento della proposta di missione presso la parrocchia di Bwoga-Chioggia, in Burundi, nel corso della terza e della quarta settimana del mese di luglio 2024.

La Diocesi di Chioggia propone un percorso formativo in vista di un’eventuale esperienza missionaria in Africa, per vivere la quotidianità, l’annuncio e l’impegno dei missionari, confrontandosi con altre culture e condividendone la fede.

L’esperienza si svolgerà durante la terza e la quarta settimana del mese di luglio 2024 presso la parrocchia di Bwoga-Chioggia, in Burundi, dove operano le suore della Congregazione delle Serve di Maria Addolorata, e i giovani partecipanti avranno la possibilità di offrire un tempo di animazione, realizzare qualche lavoro nella scuola in costruzione – sostenuta anche con le offerte del tempo di Avvento della Caritas diocesana – e fare esperienza delle tradizioni locali.

Si tratta, quindi, di una proposta che arricchirà per primi i partecipanti ma che potrà anche diventare successivamente testimonianza e annuncio nelle comunità diocesane.