La parola chiave che forse meglio può riassumere il campo vocazionale, che abbiamo vissuto alla fine dello scorso mese di agosto, è la parola ‘ricchezza’: ricchezza per quanto di bello abbiamo avuto l’opportunità di ammirare attorno a noi; ricchezza per le relazioni così significative, così genuine, che si sono strette tra tutti i partecipanti, dai più giovani ai più maturi; ricchezza per la straordinaria capacità dimostrata dalle ragazze e dai ragazzi di stare di fronte alle iniziative proposte, segno di fiducia nei confronti di chi li ha accompagnati; ricchezza per le piccole e grandi attenzioni che hanno avuto ogni giorno le persone addette alla cucina e che ciascuno, donando il proprio contributo, ha avuto verso un amico, un’amica, un compagno di stanza o di pulmino, un educatore, un sacerdote o una consacrata; ricchezza per gli incontri che hanno scandito l’avanzare delle giornate.
Il nostro viaggio, infatti, ha avuto inizio lunedì 22 agosto con la testimonianza dell’ ‘eccomi’ di Maria, beata Vergine Regina, che ci ha invitati fin da subito a costruire un rapporto di fiducia nei confronti degli altri e a giocarcela fino in fondo, con tutti noi stessi. Una sfida rilanciata anche il giorno successivo, a Siena, dove, visitando i luoghi vissuti da Santa Caterina e, in particolare, il Santuario Casa della Santa e la Basilica di San Domenico, suor Beatrice ha voluto provocarci sull’importanza di credere fino in fondo a Cristo e su quali fondamenti possa basarsi una storia di vita significativa, una storia il cui esempio possa porsi come una rivelazione, uno svelamento, la storia di un vero testimone.
Dopotutto, così come scritto da don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, sul tema scelto per l’anno 2022, “«Fare la storia» non è ‘diventare qualcuno’. La vocazione – si sa – parte dalla sperimentata libertà che viene dal Battesimo, dal sapersi riconosciuti e conosciuti come figlie e figli amati, unica direzione che libera dalla brama di guadagnare un posto al sole. Fare la storia, compiere la propria vocazione insieme ad altri è acquisire la giusta misura di sé, sapere di poter compiere il bene, oggi, in questo fazzoletto di terra che è l’unico luogo nel quale seminare le proprie energie, la propria vita per il bene, nella vita di Dio.”.
Nel corso della nostra permanenza a San Gimignano, poi, tre sono stati gli incontri che hanno scandito la parte centrale della settimana. Il primo con don Gianni Lanini, parroco della Collegiata di Santa Maria Assunta, che, dopo averci guidati alla scoperta del Duomo e alla lettura dei suoi affreschi, ha raccontato parte di quel suo percorso di vita caratterizzato da scelte importanti, radicali, un percorso che lo ha portato a consolidare la convinzione di dover trovare (e continuamente rinnovare) dei punti fermi nell’opera del proprio discernimento vocazionale. Il secondo con Madre Roberta Lanfredini, badessa del Monastero di San Girolamo presso cui alloggiavamo, che, ricorrendo a un semplice gioco matematico per il quale il numero ‘uno’ corrisponde a Dio e il numero ‘zero’ identifica tutte le cose che ci circondano, ci ha sfidato a mettere quell’Uno davanti a tutti i nostri zero affinché – così com’è stato per la sua vita – ogni cosa possa assumere un senso, una consistenza, una dimensione che conduca alla felicità. E il terzo con padre Michele Querin, sacerdote della Comunità Missionaria di Villaregia, che ha raccontato di un Dio che non si trova in cielo, lontano, inarrivabile, ma di un Dio vivo tra gli uomini, un Dio riconoscibile sul volto di ogni donna e di ogni uomo per cui si sia disposti a spendere la propria vita, a offrirla in dono.
“«Fare la storia».”, infatti, “La vocazione – riprendendo ancora le parole di don Michele Gianola – è un’opera artigianale che non si può compiere da soli – senza un Maestro e senza la Chiesa – ma che esige la risposta di ognuno: «Dio che ti ha creato senza di te, non ti salverà – non ti darà la vita piena – senza di te» (Agostino). La vocazione è una missione da compiere (cf. EG 273), un’impresa da portare a termine (Gdt 8,32): c’è una storia da fare, insieme al Signore, insieme agli altri, spendendo la vita nell’amore.”.
Le fasi conclusive della settimana, infine, ci hanno dato l’opportunità non soltanto di ritornare nella città di Siena e di essere guidati alla scoperta del Duomo, ma anche di vivere una breve ma significativa esperienza di incontro con l’Arcivescovo Augusto Paolo Lojudice, che ci ha accolto amabilmente negli ambienti dell’episcopio e ha risposto, con semplicità e con franchezza, ad alcune domande poste dalle ragazze e dai ragazzi. Il Cardinale, in particolare, ha voluto sottolineare più volte la rilevanza fondamentale di guardarsi dentro, di non sforzarsi di trattenere solamente per sé quelle emozioni e quei pensieri che possono logorare dall’interno, di allenarsi a ricercare ogni giorno un giusto tempo e un giusto spazio di relazione con il Signore. E si è trattato di un invito che, nel pomeriggio di quello stesso venerdì 26 agosto, presso il Centro Caritas Diocesana della località di Arbia, si è concretizzato nella conoscenza di Maria e Paolo, due persone che, insieme, hanno scelto di dedicare la propria vita all’accoglienza delle persone più in difficoltà e che, a partire dallo scorse mese di gennaio, hanno ospitato la famiglia di Mustafa El Nezzel, il bambino di sei anni di origini siriane nato senza arti a causa di un attacco chimico durante la gravidanza della madre.
Una collezione di volti, di sguardi, di emozioni, di parole. Il pensiero ricorrente di non essere mai soli. Ma non tanto o non soltanto per una presenza fisica necessariamente assidua delle persone intorno a sé, bensì per la percezione e per la consapevolezza della presenza di un Altro, che ha sussurrato al nostro cuore fin dai primi momenti. E, alla fine, il farsi spazio, poco per volta, di una certezza che nasce dal profondo: solo scegliendo di mettere Dio al centro si può creare un storia, la propria storia, ricca di meraviglie.
Giulia Alfiero e Daniele Boscarato
Membri del Centro Diocesano Vocazioni